Un mondo nuovo

Questo è un altro modo di narrare un progetto… l’inizio di quello che ancora non sapevo sarebbe diventato un progetto di vita… il mio.

Al termine del primo corso sui Fiori di Bach che ho fatto, ci fu chiesto di scrivere una tesina per raccontare la nostra esperienza, ciò che avevamo imparato in quei mesi e io, già allora e senza volerlo, mi ritrovai a scrivere quello che avevo imparato sì ma anche ciò che avevo vissuto. Un intreccio di Fiori, musica e nuove porte che si aprono; quello che ero e quello che stavo diventando; quello che allora credevo di aver lasciato (ma che invece ora ho recuperato, ma questo farà parte di un altro articolo!) e quello che stavo in quel momento abbracciando.

Riporto questa tesina così come l’avevo scritta 11 anni fa, per assaporare e lasciar trasparire ancora quello stupore e quell’entusiasmo che hanno dato il via a tutti i miei movimenti interiori degli anni successivi fino ad oggi… ed oltre!

IO SONO IL MIO FIORE

Avete presente la “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven?

Un rincorrersi di suoni intrecciati a emozioni sgorganti e improvvise

che non sapevi di avere, che ti spiazzano ma che continuano a venir fuori tuo malgrado.

Nonostante un’iniziale sbigottimento e sottile dolore sei felice di seguirle, sia le emozioni sia le note.. anche se a un certo punto fai fatica a distinguerle, e le segui perché senti che ti liberano da vecchi schemi o costrizioni, ti conducono più o meno violentemente o dolcemente lungo le tue strade, le tue luci per arrivare a… non lo sai dove, mentre corri o cammini… ma decidi comunque di andare, di seguirle fino alla fine, o fino alla prossima tappa. E nel frattempo decidi di “sentire”, di risuonare…come dice qualcuno .

Il primo movimento della Sonata è un Adagio sostenuto, cupo, sospettoso, impaurito, che procede nel suo cammino per vedere fino a che punto può arrivare; il secondo è un allegretto… già perché cominci a prendere confidenza con qualcosa (o credi di farlo) ti diverti, ti lasci ridere e sguazzare come un bimbo nell’acqua con la sua paperella. Ma poi arriva il terzo movimento, un presto agitato, come se all’improvviso si verificasse una nuova presa di coscienza, una nuova evoluzione, un nuovo sconvolgimento interiore che ti spaventa ma al tempo stesso ti ipnotizza e non vuol fermarlo… e quindi lo segui… ri-suoni.

Il mio percorso con i Fiori durante questi mesi è paragonabile in qualche modo a questo schema musicale… all’inizio così entusiasta, dopo il primo fine settimana di corso (anzi la prima sera!) mi sono sentita in preda alle note basse e cupe di sentimenti e pensieri riemersi da un punto freddo profondissimo nel mio Io dimenticato, nella mia storia passata (adagio sostenuto)… ero un Honeysuckle stonato (disarmonico) che più che voler tornare al passato ci si è trovato costretto e da lì non riusciva ad uscire…

Successivamente (per quasi tutta la durata del corso in verità), come il più classico dei Wild Oat, non riuscivo (a volte non riesco tuttora) a scegliere quale aspetto di questo nuovo mondo studiare o vivere o guardare…

Ho assaporato la gioia di aver conosciuto questo nuovo mondo e al tempo stesso ho avuto paura, agitazione e tensione (presto agitato) nel seguire i movimenti di un’energia fino ad ora sconosciuta e così affascinante.

Il secondo movimento della sonata, l’allegretto, è ciò che ho provato la prima volta che ho conosciuto i Fiori di Bach. Avevo iniziato una terapia psicologica per un motivo ben preciso e il percorso si annunciava lungo e difficoltoso. Fino ad allora non avevo mai preso in considerazione né la possibilità di “liberarmi” attraverso un tale percorso né tantomeno di farlo avvicinandomi a questo tipo di approccio.

La mia psicologa, fortunatamente, era anche una floriterapeuta e mi propose di “prendere queste goccioline” (come dicevo io alle mie amiche nei racconti delle varie sedute) se ero d’accordo, spiegandomi appena il loro significato e senza svelarmi mai i Fiori che di volta in volta utilizzava per le mie miscele. Ricordo che accettai solo perché non avevo motivo per dire di no, non ci credevo ma non ero neanche contraria e, una volta assicuratami che non fossero medicine, non avevo nessun problema a tirare fuori questa boccettina di tanto in tanto durante il giorno. Pensai che in quel momento di completo annebbiamento potesse essere un simpatico rituale per scandire qualche ora nell’arco della giornata.

Beh, io non mi accorsi esattamente quando cominciai a sentire l’effetto di questi Fiori. Le sedute divennero sempre meno difficili e sempre meno “uguali” perché ogni volta affrontavo un nuovo argomento, mi scoprivo a parlare di nuove di nuovi pensieri, nuove emozioni e quell’evento che potenzialmente avrebbe potuto essere così deleterio ai fini della mia terapia avvenuto proprio in quei giorni… beh fu pesante, come mi aspettavo che fosse, ma riuscii quasi subito a trovare il modo e la voglia di rielaborarlo per non permettere che costituisse ancora un altro anello della catena già così lunga che mi aveva immobilizzato per così tanto tempo.

D’un tratto mi scoprii cosciente e fiduciosa, ammisi di avere mille paure inesistenti e mille convinzioni che mi tenevano ancorata a un passato che c’era stato sì, ma di cui io non facevo più parte. All’improvviso riuscii a fare una cosa che proprio non volevo fare: lasciai andare tutto…e ritrovai me, come mi ricordavo di essere fino a qualche anno prima. Mi sentii “allegra”, appunto, o quantomeno serena e pronta a ripartire o a stare lì a vedere cosa sarebbe successo, pronta a “sentire”.

Di lì a poco la mia terapeuta mi disse che non avevo più bisogno di proseguire la terapia e di lì a poco cominciai a prendere coscienza di ciò che era successo.

Ho continuato a seguire un po’ questa via ma senza mai entrare davvero nel cuore del sistema floreale, fino a poco tempo fa. Poi l’anno scorso “per caso” il trasloco a Sesto, vicino all’erboristeria…. E da lì a poco l’idea di iniziare davvero un nuovo viaggio.

Capitano cosa strane in questo viaggio, sembra che le cose accadano proprio adesso anche per dare la possibilità di sperimentare attraverso esse la bellezza del “potere” dei Fiori.

L’intero essere viene coinvolto e si rimette in gioco, si distrugge per poi (si spera) ricostruirsi, il corpo si riorganizza (chiedetelo ai miei piedi e alla mia schiena), la mente si offusca e si rigenera e la l’anima conosce una nuova se stessa.

Trovi spiegazioni che nessuno ti aveva saputo dare per quel fastidio all’orecchio, tutte quelle cose che non vuoi sentire, tutte quelle che devi rielaborare…

Trovi spiegazioni sì, e continui a cercarle fino ad avere la curiosità (e l’ardire!) di sperimentare conoscenze appena sfiorate: quella conferenza durante la quale apprendo un nuovo significato il dolore al braccio come una pressione, come se qualcuno me lo tenesse; il fine settimana del corso in cui si parla del colloquio e si sottolinea per un attimo che spesso ciò che si odia negli altri ciò che odiamo di noi stessi… e io che ascolto, rielaboro e penso che allora forse è lei la persona a cui mi sento sottomessa… allora forse anch’io ho la paura che ritrovo in lei e che tanto critico… allora dovrei provare Holly… allora allora…e il dolore non c’è più! Funziona???!!!!

E non riesco a fermarmi e non pensarci: allora forse il dolore all’orecchio, allora forse la mia schiena e i miei piedi… E poi penso: sto cercando di pensare come lei? Proprio lei? Lei che mi suscitava così tanta curiosità e dubbio insieme?

La cosa che più mi affascina di questa Donna (la chiamo volontariamente così piuttosto che Dottoressa vista una sua “cabarettistica”, evidente prerogativa.. l’ODIO verso gli uomini!) è la sua agilità mentale. Possiede una incredibile e incommensurabile capacità di estendere o meglio ampliare il significato delle parole utilizzate dai pazienti che non avevo mai riscontrato prima in nessuno e in nessuna “disciplina” conosciuta.

Come lei stessa afferma, attraverso analogie e simboli archetipici riesce a trovare nel linguaggio comune che esprime una situazione individuale del paziente (lei stessa chiede di descrivere la malattia come fosse un’analfabeta a dispetto della grande conoscenza trasversale che possiede) un significato collettivo che porta alla guarigione, o quantomeno individua la strada da percorrere verso di essa. In pratica “traduce le metafore dei pazienti.”

Già… tradurre le metafore… non so se è un accostamento corretto ma questo mi porta direttamente ad un altro aspetto della floriterapia che ho conosciuto durante il corso: il Principio Transpersonale.

Orozco dice “..ogni patologia si manifesta come una disarmonia seguendo alcuni principi stabili di forma, individualizzabili, deducibili e, cosa senza dubbio più importante, traducibili in linguaggio floreale”. E nel suo libro

“Manuale per l’applicazione locale dei Fiori di Bach” riporta una frase di Aristotele: “La cosa migliore, che fa la differenza, è di essere un maestro della metafora: è l’unica cosa che non si può apprendere dagli altri ed è anche un segno di genialità, poiché una buona metafora implica una percezione intuitiva della similitudine in ciò che è diverso.”

Ecco, secondo me questi due approcci al lavoro sono assimilabili: si punta a tradurre un linguaggio comune nel proprio “strumento” di guarigione, il piano verbale in un caso e l’ambito floreale per applicazione locale nell’altro. E come un metodo si avvale del significato collettivo traducendo il linguaggio comune in “Pazientese”, così l’altro riconosce nel Principio Transpersonale una “chiave che ci permette di selezionare le essenze concrete che prevedono la forma di ciò che si sta verificando” in base alla quale si dà un’interpretazione della forma in cui si manifesta una data patologia, traducendo la manifestazione in linguaggio floreale.”, a prescindere in questo caso (e comunque non del tutto) dalla soggettività/individualità della persona.

In questo senso due fiori che mi hanno colpito anche se per due motivazioni diverse: Chicory e Wild Oat.

Posso dire di essermi “avvicinata” a Chicory proprio per motivi di natura “transpersonale”, ossia ho cercato quale fiore rispondesse a ciò che ultimamente mi sta accadendo fisicamente (anche se in realtà è una cosa che già si era verificata altre volte… infatti analizzando i vari momenti della mia vita ho trovato delle analogie con quello attuale!). Ho provato ad assumere oralmente il Fiore poiché essendo un problema interno non vedevo la possibilità di un’applicazione locale di una crema, anche se in realtà studiando più attentamente ho capito che la crema può essere applicata anche esternamente in corrispondenza della zona interna in questione… proverò, proverò anche questa! Che bello… quante possibilità!

Ma volevo arrivare ad altro. Come dicevo, è stato lo studio del Principio Transpersonale di questo Fiore che mi ha fatto avvicinare ad esso (che argomento veramente coinvolgente e sorprendente per me!) e da lì ho cominciato a rileggere con più attenzione tutto ciò che riguarda Chicory, tornando perciò sull’aspetto personale, emozionale e archetipico che questo Fiore rappresenta e (STUPORE!) ho ritrovato il ritratto più o meno esatto di una persona, la stessa che mi provocava un senso di costrizione al braccio, quel senso di costrizione che mi è passato quando ho cercato di analizzare il tutto tramite gli insegnamenti ricevuti… che mondi interessanti! Lo so, è successo per ora solo in questo caso per ora, ma credo che proverò a verificarlo ancora, anzi certamente lo farò.

Quindi Chicory per i miei “problemi” fisiologici, Chicory come la persona che in questo momento mi dà il maggior numero di pensieri, Chicory per me… perché non riesco a lasciarla andare quando so che in questo momento sarebbe l’unica cosa “salutare” da fare per non logorare ulteriormente il nostro rapporto.

Per Wild Oat invece è stato diverso: ciò che mi ha spinto è stata la curiosità di scoprire in che senso si possa utilizzare “transpersonalmente” questo fiore di cui in più occasioni ho sentito il bisogno.

Orozco per Wild Oat parla di un Principio Transpersonale ancora in fase di studio, quello della dispersione, tenendo però in considerazione che questo fiore rappresenta “un’energia di concretizzazione più profonda rispetto a Cerato”. Come si fa a livello emozionale, si può usare come catalizzatore… beh, allora potrei immergermi in una vasca colma di Wild Oat e restarci a mollo una giornata… perchè il mio organismo possa capire e finalmente decidere a quale, fra tutti gli acciacchi mi sta proponendo ultimamente, dare maggior sfogo per potersi poi riorganizzare e trovare pace… e lasciarla anche a me! E riprendere la nostra vita dal punto in cui l’avevamo lasciata prima di questa “destrutturazione”! 

A parte tutto, in questo momento del mio percorso (e cioè appena l’inizio!!!!) in cui non ho conoscenze sufficienti per poter integrare davvero tutte le innumerevoli sfaccettature che il sistema floreale offre, rimane più forte in me la sensazione iniziale, quella da cui sono partita: il risuonare delle essenze con la musica che conosco. Come i suoni, le essenze sono vibrazioni che entrano dentro, nella mente, nel corpo, nell’anima, per fondersi con quelle di chi li ascolta, di chi si “affida” , di chi “risuona” con loro.

D’altronde, penso, più volte si dice che i fiori sono solo 38, e con questi 38 si riescono a coprire e armonizzare tutti gli archetipi individuati: e le note? Le note sono solo 7 e con quelle si possono scrivere molti e vari tipi di musica… e poi 7… non è uno dei numeri ricorrenti? 7 aiuti, 7 pianeti visibili, 7 gruppi di appartenenza dei rimedi floreali, 7 nosodi iniziali… e 7 note!

Come un suono può portarti lontano nel tempo, lontano nello spazio o molto vicino… dentro di te, così conoscere un Fiore riapre porte che avevi chiuso, spalanca finestre su mondi che non conoscevi, colpisce allo stomaco come un battito sulla grancassa e ti fa rabbrividire come lo stridore di una corda stonata.

E se anche gli strumenti si potessero identificare ciascuno in qualche fiore?

Proviamo:

White chestnut è il basso, poverino… Profondo, forte e vigoroso… che però ripete sempre lo stesso giro, è presente per tutto il pezzo e non molla mai.. e infatti se lo ascolti bene e ti piace, ti affascina, ti entra in testa e alla fine non ti molla… fino a che non ti accorgi che il pezzo è finito!

La batteria è un Vine, detta il ritmo del pezzo e tutti devono fare come dice lei… in realtà è anche un po’ Vervain, perché in fondo è innamorata di quello che fa e detta le regole sì, ma ti vuole trascinare… per il tuo bene… perchè tu faccia parte di tutto l’insieme per creare la più bella armonia possibile!

Anche il direttore d’orchestra in questo senso è un Vervain armonico e anche un Vine… beh, non è uno strumento ma, come fare senza di lui?

La chitarra invece è Wild Oat perché ancora non ha capito se deve fare l’accompagnamento, l’assolo, il classico, il folk, il country, l’elettrico.. ma fa tutto così bene.. perchè scegliere?

Il flauto traverso è un Water Violet: se vuoi ti accompagno, ti do un consiglio… ma come suono bene da solo… perché vuoi venire vicino a me?

Gli archi invece sono Clematis, vanno lontano in un altro mondo, suonano sì con gli altri ma percorrono tutt’altri voli musicali.

Mimulus è il triangolo che si sente ogni tanto risuonare fra tutta quella banda di strumenti… che paura quanto sono grossi! E io che posso fare con questa vocina che mi ritrovo? Ci vuole davvero coraggio per farsi sentire in mezzo a questa folla di voci e spettatori… eccomi eccomi, ora vi chiudo il pezzo! ….TIN!

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