Cosa c’è dietro o dentro i pensieri? Come può la nostra mente riuscire a costruire realmente la nostra nuova realtà, il nostro futuro “felice” e consapevole?
Se pensiamo che le nostre azioni e la nostra realtà siano forgiate dai nostri pensieri , è lecito pensare che i pensieri a loro volta siano mossi, o meglio creati, da qualcosa che è “al di sopra di loro”. Un qualcosa che a seconda che sia spirituale, egoistico o altro determina la natura del pensiero stesso: alto o gretto, amorevole/compassionevole o egoista etc. Questo qualcosa si chiama ideale e, secondo le letture di Cayce, in particolare sono gli ideali spirituali (togliendo ogni più recondito significato religioso a questo termine)) che portano un cambiamento utile alla nostra vita in termini di futuro felice.
Solo se permettiamo a questi ideali di guidarci in maniera spontanea nel compimento di un’azione o nell’instaurarsi di qualsiasi tipo di relazione, gli diamo la possibilità di cambiare noi e la nostra vita.
Parlare di ciò che vorremmo succedesse nel mondo, di come dovrebbero comportarsi le persone o anche di come vorremmo comportarci noi, è parlare di idee, di cose, non di ideali. Fare ciò che stiamo tentando di spiegare anziché parlarne, questo sì ha un valore creativo, questo sì che permette a noi e all’altro che ci osserva di creare una realtà diversa, non solo di discuterne a livello astratto. Nella scrittura narrativa si usa un’espressione inglese molto efficace in questo senso: “Show, don’t tell”: invece di spiegare una situazione o di descriverla, immergiti in essa e scrivi mentre la stai vivendo con tutto te stesso e arriveranno le parole perfette che si faranno veicolo di quell’energia, di quelle sensazioni, di quegli ideali che tu vuoi trasmettere.
Come nella scrittura, anche nella vita ci vuole allenamento per questo e così, se all’inizio ci dovremmo sforzare per ricollegarci al nostro ideale spirituale prima di agire, alla fine ci verrà spontaneo: sarà l’ideale stesso, trovandoci connessi, a muovere prima i nostri pensieri e poi, attraverso la mente, a costruire (guidare) le nostre azioni.
Perché facciamo qualcosa ha la stessa importanza di che cosa facciamo o come ci relazioniamo, e al tempo stesso persone diverse possono avere idee diverse per esplicitare uno stesso ideale comune.
L’ideale spirituale è lo stato di coscienza che entra in contatto con la nostra natura divina (anche in questo caso non si tratta di niente di religioso) e, quand’anche lo troviamo in noi, è difficile restituirlo a parole in termini di spiegazioni efficaci. Possiamo allora cercare delle brevi frasi, piccole locuzioni che ci rimandino istantaneamente a ciò che sentiamo quando ci identifichiamo con il nostro ideale, in modo che fungano da nostri personali simboli che possano ispirare in noi quegli atteggiamenti, emozioni o azioni a cui “idealmente” tendiamo.
Questo è quello che ci permette davvero di mettere in atto il cambiamento che auspichiamo per la nostra vita. Le forze che plasmano le nostre esistenze sono quelle interiori, e noi abbiamo il potere di creare la chiave per il nostro cambiamento attraverso un simbolo personalizzato che le richiami: la parola. Come per tante altre cose, tenere un diario in cui annotare ogni nostro pensiero (o azione, etc) per risalire all’ideale che ci muove, ci permette di restringere via via il cerchio fino a quell’unico grande nostro ideale spirituale individuale che da quel momento in poi guiderà fattivamente la nostra esistenza.
Siamo pronti a farlo?
*cap.2 de IL Manuale di Edgar Cayce